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Fuga dal lavoro?

Le grandi dimissioni sono ancora in pieno svolgimento, ha scritto Cnbc. In effetti i numeri degli abbandoni continuano a crescere. A febbraio, secondo i dati del Dipartimento Usa, oltre 4 milioni di persone hanno lasciato il posto: si tratta di circa 100mila lavoratori  in più rispetto a quelli che hanno rassegnato le dimissioni a gennaio, e poco meno del record di 4,5 milioni raggiunto lo scorso novembre. Anche le opportunità di lavoro, come le dimissioni, si sono mantenute a livelli record, contribuendo ad alimentare la fiducia delle persone nella mobilità lavorativa. A febbraio le aziende hanno aperto 11,3 milioni di posizioni, un numero sostanzialmente invariato rispetto a gennaio, e intanto il tasso di disoccupazione si è abbassato al minimo di due anni al 3,6% (Reuters). 

Visioni opposte

Secondo Anthony Klotz, professore della Texas University, nonché colui che per primo ha parlato di “great resignation”, il fenomeno è destinato a verificarsi anche nei prossimi anni. Ma per alcuni parlare di grandi dimissioni è fuorviante (Harvard Business Review). Secondo l’economista Paul Krugman, che ne ha scritto sul New York Times, la narrativa delle grandi dimissioni è “semplicemente inconsistente”. Primo perché tra i lavoratori più lontani dalla pensione – quelli tra i 25 e i 54 anni – il tasso di occupazione è aumentato anziché diminuire. Secondo perché le persone abbandonano il loro posto per accettare una proposta migliore e non per smettere di lavorare. Terzo, ma non meno importante, perchè durante la pandemia il numero di immigrati è diminuito e allo stesso tempo molti lavoratori sono stati inquadrati come formalmente autonomi, pur comportandosi da dipendenti. 

Fotografia italiana

Come c’era da aspettarsi, in Italia il fenomeno delle grandi dimissioni non regge il confronto con quanto sta accadendo negli Stati Uniti. Però va riconosciuto che anche nel nostro Paese un piccolo boom c’è stato, scrive il Corriere. La tendenza a cercare soluzioni più adatte alle proprie esigenze si è confermata anche in Italia, non esattamente un Paese noto per la mobilità lavorativa.

Nel 2021, secondo i dati del ministero del Lavoro, si sono contati 2 milioni di abbandoni volontari. Un aumento del 33% rispetto all’anno precedente. E nel 2022 i numeri potrebbero confermare il trend crescente. Secondo le stime di McKinsey e Microsoft, per esempio, più del 40% dei lavoratori a livello mondiale intende cambiare lavoro nei prossimi mesi. 

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