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La Great Resignation all’italiana

Gli italiani sono o non sono dei quitters? E se quello delle grandi dimissioni fosse solo un mito? Se ne parla da mesi in gran parte delle economie avanzate, ma non è ancora del tutto chiaro quanto e in quali modalità si stia verificando anche nel mercato del lavoro italiano. «Io capisco che l’idea “me ne vado perché non ne posso più, piuttosto resto senza” possa sembrare romantica e anche nobile», ma «purtroppo in Italia i dati che abbiamo fanno fatica a giustificare l’enfasi», ha scritto recentemente Francesco Seghezzi, Presidente della Fondazione Adapt. In effetti, mentre negli Stati Uniti concetti come “great resignation” e “yolo economy” sono diventati i nuovi mantra post Covid, in Italia i dati fanno fatica a comprovare questa tendenza.

  • Smettere è solo metà della storia: le verità dietro le grandi dimissioni (The Guardian)

I dati parlano Chi lascia il lavoro nel nostro Paese, infatti, non sembrerebbe farlo per quella romantica propensione alla ricerca di un nuovo senso del vivere. Secondo i dati della Banca d’Italia, nei primi dieci mesi del 2021 le interruzioni volontarie nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono state 777 mila, un balzo in avanti di 40 mila unità rispetto a due anni prima. L’aumento delle dimissioni sembra coinvolgere anche i giovani neoassunti nelle mansioni impiegatizie del Nord. I dati di un’indagine Aidp su un campione di circa 600 aziende ha mostrato come i settori che rimangono maggiormente scoperti siano l’Informatico e il Digitale, la Produzione, il Marketing e il Commerciale. Le fasce d’età tra i 26 e i 35 anni e tra i 36 e i 45 anni sarebbero quelle più coinvolte (Corriere).

  • Addio al posto fisso? No, cosa dicono i dati italiani (HuffPost).

Nuovo impiego Secondo gli esperti, si tratta comunque di numeri troppo deboli, visto il modo in cui è stato “congelato” il mercato del lavoro con l’emergenza sanitaria (Lavoce). Persino negli Stati Uniti la narrativa del “si vive una volta sola” sembra aver perso terreno, con i dati a dimostrare che è l’aumento della domanda di lavoro ad aver spinto molte persone a lasciare la propria occupazione per un posto migliore. Quanto al nostro Paese, Bankitalia aggiunge che i lavoratori che hanno dato le dimissioni lo hanno fatto solo con la prospettiva di un nuovo impiego. Certo, la crescita c’è e per questo va monitorata, ma più che di grande dimissione, scrive Linkiesta, si potrebbe parlare di una grande transizione avveratasi in un momento di ripresa del mercato del lavoro, dopo tanti mesi di immobilità.

  • Un primo identikit delle grandi dimissioni in Italia (Lavoce).

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